I rituali pasquali nojani – Cenni storici

 I rituali pasquali nojani – Cenni storici

I RITUALI PASQUALI NOJANI

La Pasqua è uno dei momenti più intensi vissuti dalla comunità nojana i cui rituali narrano il passaggio dalla morte alla vita. Ciascuna epoca li ha sempre vissuti con la propria e tipica sensibilità mediante manifestazioni che nel corso dei secoli hanno contribuito a formare un ricco e prezioso patrimonio cultuale e culturale, così com’è giunto ai nostri giorni. Consapevoli delle difficoltà di voler costruire un percorso storico, documentato da fonti attendibili, possiamo comunque intravedere le diverse stratificazioni sulle quali i “rituali pasquali nojani” si sono sedimentatiti.

PELLEGRINI E CROCIATI VERSO LA TERRA SANTA SUGLI ANTICHI PERCORSI

Il punto di partenza all’origine del Cristianesimo giunto nel nostro territorio è quello dei pellegrini in viaggio verso la Terra Santa. Così è nata in embrione quella ritualità pasquale che nel corso dei secoli si è progressivamente sviluppata e delineata. Non è da trascurare l’importanza della via Minucia, già citata dallo storico Strabone, come alternativa alla via Appia, la “regina viarum”, per coloro che passando da Coeliae ed Azezium si imbarcavano da Egnazia per l’Oriente. Una via che si mostrava più sicura rispetto a quella costiera, esposta a predoni e continui saccheggi. Su di essa hanno viaggiato i mercanti con i loro commerci e tra i più noti quello delle stoffe e dei vasellami, milizie ed eserciti per le loro imprese militari, nonché in epoca medioevale viandanti e pellegrini diretti verso Gerusalemme (cammino detto gerosolimitano) la cui meta era il Santo Sepolcro. Alcune tracce, purtroppo scomparse sul nostro territorio, quale l’edicola in contrada San Maderno, avvalorerebbero questo originario influsso. Né và trascurata la sensibilità che nutrirono in epoca normanna i cavalieri crociati, partecipi alla conquista di Gerusalemme che, con il loro codice di onore e fedeltà, si votavano alla difesa del Santo Sepolcro. Tra di essi possiamo identificare i primi signori locali che per la loro partecipazione alle imprese in Terra Santa vennero premiati con il dono del piccolo feudo di Noja in terra di Bari.

LA DOMINAZIONE SPAGNOLA E LA CUSTODIA DELLA TERRA SANTA

Un secondo livello di stratificazione che è all’origine dei riti nojani pasquali della Settimana Santa è da riferirsi all’influsso della dominazione spagnola che ha lasciato un indiscusso influsso sulla struttura dei “riti nojani”. La tradizione orale narra che un signore spagnolo mandato di stanza a Noicàttaro come rappresentante del governo ispanico nel Sud Italia non volle rinunciare alle tradizioni pasquali che era solito festeggiare nel suo paese e così indossò un saio nero, un cappuccio a punta, si costruì una croce di legno e fece il giro delle Chiese. È innegabile constatare le somiglianze dei rituali nojani con quelli spagnoli di Siviglia. Quel che è certo e documentato è constatare che mentre in Spagna a Siviglia nel 1540 iniziavano i riti della Settimana Santa, a Noja veniva istituito in Chiesa madre dal casato “Iacobino” il beneficio a Santa Maria della Pietà e quindi, più in seguito, nel 1577 veniva eretto l’altare a Santa Maria delle Lacrime all’origine del culto alla Beata Vergine Addolorata che si confermerà nei secoli successivi. Non solo, anche l’erezione delle due Confraternite una alla Passione di Nostro Signore Gesù Cristo e l’altra a Maria Santissima dei Sette Dolori rappresentano i due fulcri peculiari della ritualità che andrà a svilupparsi: la Vergine e Cristo morto. L’indagine storica spinge a collocare il primigenio epicentro di questi riti presso l’antica Chiesa del Soccorso e quindi presso la Chiesa madre indiscusso fulcro catalizzatore religioso dell’intera comunità nojana. Solo successivamente con l’erezione della Confraternita della Passione (1615-1719), alcuni riti si sposteranno alla Chiesa della Lama dove, ancora oggi, si conserva la più antica croce, risalente al 1713, portata in spalla dal crocifero (uomo incappucciato scalzo, con corona di spine e flagello). Questa ritualità non nasceva dal nulla ma si innestava e trovava humus fecondo sulle pratiche  introdotte nei secoli precedenti dai pellegrini crociati della Terra Santa con la loro tipica sensibilità penitenziale al fine di ottenere una grazia per sé o una persona cara. Un altro indizio da non trascurare è il blasone in pietra, con la croce di Gerusalemme, incastonato in un edificio su via Signora Emilia, prima denominata via Gerusalemme, un tempo di proprietà del Commissariato Generale di Terra Santa, datato 1766. Attesterebbe il riferimento della terra di Noja alla custodia della Terra Santa.

LA DEVOZIONE POPOLARE DEL SECOLO SCORSO

Infine il terzo strato, quello più vicino a noi possiamo individuarlo nella devozione popolare che a partire dal secolo scorso, a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo, viene a definire la struttura celebrativa giunta sino ai nostri giorni. Con l’unità d’Italia e quindi con il cambio di denominazione della città (23 ottobre 1962) da Noja a Noicàttaro, assistiamo al progressivo definirsi della struttura celebrativa descritta nel 1925 da Pasquale Pinto nel “Crivello”, periodico locale. Una ritualità che non ha subìto l’influsso della “devotio moderna” che invece ha segnato altre regioni d’Europa e d’Italia. Ciò contraddistingue i riti nojani pasquali che hanno accentuato, seppure sommessamente, la spettacolarità delle processioni con statue e tra queste si distingue quella della Vergine, elegantemente vestita con abiti ricamati e stoffe pregiate, e quindi con il corteo di donne velate e uomini incappucciati, con marce funebri suonate da bande musicali per il richiamo delle folle alla contrizione. Inoltre non vanno trascurati i detti proverbiali sulla passione, i canti e le preghiere popolari, i dolci e la gastronomia tipica che costituiscono un patrimonio immateriale per la comunità nojana di indiscutibile interesse storico e culturale. Per arrivare all’attuale configurazione dei riti della Settimana Santa Nojana dobbiamo distinguere due diverse fasi ponendo come spartiacque la riforma del Concilio Vaticano II.

  • La prima fase (1867-1940)

La Pasqua veniva celebrata il sabato mattina. I riti iniziavano con la domenica delle palme e la benedizione dei rami nella piazza principale del paese (oggi completamente trasformata) e continuava con le quarant’ore in Chiesa madre che all’epoca era l’unica Chiesa collegiata. Il mercoledì santo veniva allestito il calvario con il grande falò in piazza. I riti erano scanditi dalla messa del Giovedì santo al mattino e nello stesso giorno erano allestiti e visitati i sepolcri (oggi chiamati “altari della reposizione”) nelle diverse Chiese del paese, quindi si procedeva con la visita privata alle Sette Chiese da parte Crociferi e nel pomeriggio con il corteo solenne cittadino a seguito di banda con le autorità civili e religiose, infine la sera si teneva la predica sulla passione di Cristo morto in attesa della processione dell’Addolorata. Nel 1867 è attestata la sola processione dei Misteri il Venerdì santo al mattino, poi nel 1910 venne suddivisa in due momenti distinti: al mattino del Giovedì santo la processione della Naca (culla di Cristo morto) e il venerdì santo al mattino verso le 11,00 quella dei misteri, con il predicatore quaresimalista che teneva il panegirico e benediceva il popolo radunato in piazza. Nel 1925 la processione della Naca è poi stata ulteriormente trasferita al giovedì sera. Invece la processione notturna dell’Addolorata fu introdotta da don Giacomo Lioce nel 1921 con l’istituzione della Pia Unione delle Madri Cristiane e partiva alle ore 4,30 all’alba del venerdì santo. Il Sabato Santo era già giorno di Pasqua, al mattino veniva benedetto il cero pasquale e l’acqua del fonte battesimale con il canto del Gloria della Resurrezione.

 

  • La seconda fase (1940-2020)

La Pasqua viene invece celebrata con la veglia del sabato santo nella notte e la Domenica. Questa fase corrisponde ad una triplice innovazione per intervenuti cambiamenti.

    • La prima innovazione è rappresentata dall’arrivo a Noicàttaro dei Padri Agostiniani. Nel 1940 venne istituito il convento agostiniano presso la Chiesa della Lama e quindi l’Arciprete Giacomo Lioce coinvolgeva i padri agostiniani nell’organizzazione dei riti pasquali affidando loro le due processioni della Naca e dei Misteri, e la cura Crociferi. Tutta l’organizzazione dei riti restava in capo alla Chiesa madre, all’epoca ancora unica parrocchia della città.
    • La seconda innovazione è la riforma liturgica introdotta dal Concilio Vaticano II che ristrutturava il triduo pasquale, dando al giovedì santo l’impronta eucaristica e collocando l’inizio della Pasqua alla veglia notturna del sabato santo in attesa della Domenica di Resurrezione.
    • La terza innovazione è l’istituzione a Noicàttaro delle nuove parrocchie prima nel 1950 quella del Carmine e poi nel 1982 la Madonna di Lourdes ed infine nel 1986 quella del Soccorso, che riprende l’antico titolo della Chiesa abbattuta in piazza.

A seguito di queste innovazioni la ritualità si è ulteriormente sedimentata per integrare la ritualità con le celebrazioni liturgiche che vengono svolte all’interno delle quattro parrocchie di Noicàttaro e rendere il rito vivo e performante della vita. L’attuale organizzazione dei riti comprende tre processioni quella della Naca al Venerdì sera, mentre nella notte tra il venerdì e il sabato santo quella dell’Addolorata  con la predicazione del quaresimalista ed infine quella dei Misteri al sabato santo nel primo pomeriggio. Il grande fuoco acceso la sera del giovedì santo sul piazzale della Chiesa della Lama alla presenza delle autorità civili e religiose, insieme ai “colpi oscuri” (spari pirotecnici) segnano l’avvio dei riti pasquali nojani e l’uscita della prima croce. Con il sopraggiungere della epidemia da Covid 19 si è dovuto sospendere questi riti per ben due anni e rinnovarli con nuove consapevolezze: – quella della unità a fronte della complessità civile oltre che sociale ed ecclesiale; – quella della comunicazione per trasmettere i significati e renderli significativi nella vita, specie per le nuove generazioni; – quella culturale perché la ritualità continui a formare cultura.